Tanto. Anche dal punto di vista economico. Per esempio, un conflitto mal gestito può generare danni che si ripercuotono sul fatturato.
L’economia,
negli ultimi anni, sta riconsiderando sempre di più l’importanza dell’aspetto umano,
in particolare le relazioni che gli individui stringono e che influenzano
notevolmente le decisioni economiche. Oggi infatti si parla sempre più spesso
dei cosiddetti RELATIONAL GOODS ovvero dei BENI RELAZIONALI.
Di
cosa si tratta? I beni relazionali sono quei beni non materiali che possono
essere prodotti e consumati solo in gruppo e che sono intrinsecamente collegati
alle relazioni e alle interazioni. Un classico esempio utilizzato per spiegarli
è quello del godimento che proviamo nel vedere una partita allo stadio, dove il
piacere di assistere al match deriva in gran parte dalla presenza di un’ampia
folla. Il bene relazionale in questo caso si esprime in termini di eccitamento
e gratificazione di tutto lo stadio. Queste sensazioni e stati d’animo non si
verificano quando il singolo guarda la
partita a casa da solo, per provarle c'è bisogno della collettività.
L’economista
e accademico Luigino Bruni ha identificato le sette caratteristiche base dei
beni relazionali:
1)
IDENTITÀ’ l’identità delle singole persone coinvolte è un ingrediente
fondamentale. Infatti, i beni che si presentano negli scambi dove ognuno può
offrire in maniera anonima non sono relazionali.
2)
RECIPROCITÀ’ i beni fatti di
relazioni possono essere goduti solo nella reciprocità, sono beni di
reciprocità.
3)
SIMULTANEITÀ’ a differenza dei normali beni di mercato, siano essi privati o
pubblici, dove la produzione è tecnicamente e logicamente distinta dal consumo,
i beni relazionali (come molti servizi alla persona) si producono e si
consumano simultaneamente; il bene viene co-prodotto e co-consumato al tempo
stesso dai soggetti coinvolti. Anche se la contribuzione alla produzione
dell’incontro può essere asimmetrica (pensiamo all’organizzazione di una festa
tra amici o alla gestione di una cooperativa sociale), nell’atto del consumo
del bene relazionale non è possibile il “free rider” puro perché il bene
relazionale, per essere goduto, richiede che si lasci coinvolgere in una
relazione.
4)
MOTIVAZIONI la spinta dei soggetti a interagire deve essere genuina e non un
mezzo per arrivare a un altro fine.
5)
FATTO EMERGENTE concepito come l’affiorare del bene relazionale all’interno di
una relazione qualsiasi, anche in casi in un cui esso non era previsto
inizialmente (per esempio all’interno di un rapporto d’affari dove la finalità
iniziale era un’altra).
6)
GRATUITÀ il bene relazione non deve avere un fine economico ma deve essere
gratuito.
7)
BENE il bene relazionale è un bene, ma non una merce, questo implica che abbia
un valore ma non un prezzo.
Grazie
ad una ricerca realizzata nel 2009 da Becchetti & co. Sulla relazione tra
“reddito, beni relazionali e felicità” (argomento già trattato da Richard
Easterlin nel 1974) è emerso che l’incremento del consumo dei beni relazionali
è fortemente collegato alla felicità: più il reddito delle persone è alto meno
sono presenti questi tipi di bene e, di conseguenza, più bassa è la felicità.
Questo deriva principalmente dal fatto che coloro che hanno un reddito molto
elevato tendono a lavorare il doppio e ad avere poco tempo per se stessi e gli
altri.
Prendere
coscienza dell’importanza dei beni relazionali, all’interno del mondo del
lavoro, è importante per creare e mantenere un clima di benessere e
collaborazione.
Inoltre,
saper gestire e capitalizzare tali beni aiuta l’individuo a muoversi meglio nel
proprio ambiente lavorativo e quindi anche a divenire più produttivo.
Ecco
perché i beni relazionali, alla fin fine, acquistano perfino un valore
economico.
Ed
ecco perché, per le aziende, è ancora più importante farne tesoro.