La tecnologia: privilegio o prigione?
C'era una volta un re. Questo re non vedeva di
buon occhio che suo figlio, abbandonando le strade controllate, si aggirasse
per le campagne allo scopo di formarsi un giudizio sul mondo; perciò gli regalò
carrozza e cavalli.
“Ora non hai più
bisogno di andare a piedi” furono le sue parole.
“Ora non ti è più
consentito di farlo” era il loro significato.
“Ora non puoi più farlo”
fu il loro effetto.
La morale della
favola è che, siccome sei in condizione di
usare una comoda carrozza con cavalli, la conseguenza è che si crea un
contesto, un clima, un’aspettativa per cui ti trovi, senza neanche sapere come
e perché, a doverla usare per forza. Posso
ergo devo.
Questo breve
storiella, citata da Umberto Galimberti in Psiche
e Techne, esprime in modo semplice e spietato la condizione umana nell’era
della tecnologia.
“Carrozza e
cavalli” oggi non stanno solo per Ferrari e autista ma anche per “smartphone,
Facebook, Google e così via”. Tutte bellissime cose che posso usare, anzi devo.
Devo mandare una mail alle tre di notte al collega che sta in Cina,
devo rispondere a chiamate
inopportune anche in orari e momenti della mia vita che in altri tempi avrei
considerato sacri.
Per altro, nell’entusiasmo
che accompagna il potenziamento dei mezzi di comunicazione, come ricorda Galimberti, si evita quasi sempre di
considerare l’effetto di tale potenziamento sull’essere umano. La tecnica infatti
non è qualcosa di neutrale, come si tende a pensare: anche la natura umana si trasforma quando
viviamo appiccicati al computer o allo smartphone.
Noi non
prescindiamo dal modo in cui manipoliamo il mondo. Di fatto, l’uso/abuso della
tecnologia invece di potenziarci rischia di depotenziarci, rendendoci
spettatori di un mondo già rappresentato da altri – attraverso internet –
invece che attori.
Quello che ci
arriva è un’immagine del mondo prêt-à-porter, senz’altro comoda ma inevitabilmente
riduttiva. Preconfezionata. Il fatto è che nemmeno ce ne accorgiamo: per
accorgercene dovremmo avere a disposizione un altro mondo, rispetto al mondo già
rappresentato. Ma non c’è. E soprattutto non c’è il tempo – almeno così pare - di
andarcelo a cercare a piedi.