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Posso ergo devo | 23.11.2016
Posso ergo devo
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La tecnologia: privilegio o prigione?
C'era una volta un re. Questo re non vedeva di buon occhio che suo figlio, abbandonando le strade controllate, si aggirasse per le campagne allo scopo di formarsi un giudizio sul mondo; perciò gli regalò carrozza e cavalli. “Ora non hai più bisogno di andare a piedi” furono le sue parole. “Ora non ti è più consentito di farlo” era il loro significato. “Ora non puoi più farlo” fu il loro effetto. La morale della favola è che, siccome sei in condizione di usare una comoda carrozza con cavalli, la conseguenza è che si crea un contesto, un clima, un’aspettativa per cui ti trovi, senza neanche sapere come e perché, a doverla usare per forza. Posso ergo devo. Questo breve storiella, citata da Umberto Galimberti in Psiche e Techne, esprime in modo semplice e spietato la condizione umana nell’era della tecnologia. “Carrozza e cavalli” oggi non stanno solo per Ferrari e autista ma anche per “smartphone, Facebook, Google e così via”. Tutte bellissime cose che posso usare, anzi devo. Devo mandare una mail alle tre di notte al collega che sta in Cina, devo rispondere a chiamate inopportune anche in orari e momenti della mia vita che in altri tempi avrei considerato sacri. Per altro, nell’entusiasmo che accompagna il potenziamento dei mezzi di comunicazione, come ricorda  Galimberti, si evita quasi sempre di considerare l’effetto di tale potenziamento sull’essere umano. La tecnica infatti non è qualcosa di neutrale, come si tende a pensare:  anche la natura umana si trasforma quando viviamo appiccicati al computer o allo smartphone. Noi non prescindiamo dal modo in cui manipoliamo il mondo. Di fatto, l’uso/abuso della tecnologia invece di potenziarci rischia di depotenziarci, rendendoci spettatori di un mondo già rappresentato da altri – attraverso internet – invece che attori. Quello che ci arriva è un’immagine del mondo prêt-à-porter, senz’altro comoda ma inevitabilmente riduttiva. Preconfezionata. Il fatto è che nemmeno ce ne accorgiamo: per accorgercene dovremmo avere a disposizione un altro mondo, rispetto al mondo già rappresentato. Ma non c’è. E soprattutto non c’è il tempo – almeno così pare - di andarcelo a cercare a piedi.
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