Quando teniamo i team coaching nelle aziende, di solito assistiamo a due tipi di reazioni.C’è chi è contento perché scopre una modalità di apprendimento basata sul coinvolgimento diretto delle persone. “Che bello. Non come a scuola dove dovevi startene zitto nel tuo banco.” C’è chi è scontento per lo stesso motivo: starsene zitti nel banco protegge dal rischio di esporsi e consente, se si è capaci di non farsi beccare, di fare i compiti per l’ora dopo. Alzi la mano il manager che non ha usato qualche corso aziendale per portarsi in pari con le mail arretrate.In un caso o nell’altro, il grande e spesso implicito termine di confronto è la scuola. E’ la scuola che ha dato l’imprinting al nostro modo di apprendere, nel bene e nel male. E se esistesse una scuola in grado di spianare la strada a noi che ci occupiamo di sviluppo in azienda? Sogniamo una scuola dove il voto non sia la cosa più importante. Quando ai manager, in aula, chiediamo di sospendere il giudizio perché “dove inizia il giudizio termina la capacità di apprendere” loro strabuzzano gli occhi. Giustamente, perché a scuola hanno imparato l’opposto. Sogniamo una scuola dove venga impartita anche un po’ di educazione sentimentale: non è un concetto romantico, è la capacità di riconoscere le proprie emozioni e di gestirle nella relazione con gli altri. Spesso incontriamo manager in gamba, la cui possibilità di carriera è inibita proprio da una sorta di analfabetismo dei sentimenti. Ci tocca partire da zero ma non è facile recuperare, in qualche giornata, ciò che è mancato per anni. Cari insegnanti, sappiate che nelle vostre mani avete i manager del futuro: vi prego, aiutateci fin d’ora a farli crescere bene.